Come nascondere legalmente i soldi in banca
Negli ultimi anni sono state legiferate numerose leggi per rendere tracciabili tutte le operazioni finanziarie. Una normativa che si è rafforzata nel 2010, quando il legislatore ha emanato delle specifiche disposizione volte ad un maggiore controllo del fenomeno dell’elusione fiscale, tema particolarmente sentito nel dibattito pubblico del nostro paese.
Una legge concepita per colpire il fenomeno del riciclaggio del denaro, messo in atto, in primis, dalle organizzazioni criminali. La legge sulla tracciabilità si pone lo scopo di verificare la movimentazione del conto corrente bancario/postale e di tutte le operazioni finanziarie che sul medesimo transitano, come – ad esempio – investimenti finanziari o fuoriuscite di denaro mediante bonifico.
Separazioni coniugali e asse ereditario
Il tema della trasparenza bancaria, di conseguenza, non riguarda soltanto le condizioni contrattuali imposte dagli istituti di credito nei confronti dei clienti, ma anche come gli stessi movimentano le loro disponibilità finanziarie. Il fisco, di conseguenza, ha la possibilità di poter controllare in modo più analitico, puntuale ed omogeneo i movimenti bancari di ogni singolo soggetto.
A differenza di un tempo, di conseguenza, non è così semplice eludere i controlli. Esistono, tuttavia, alcuni metodi assolutamente legali, che quindi non cozzano con quanto previsto dalla normativa italiana, per tenere segrete le proprie risorse finanziarie senza farle uscire in alcun modo dal perimetro bancario. I motivi, in tal senso, possono essere i più svariati, non necessariamente rivolti ad operazioni di riciclaggio o evasioni fiscale.
In molte circostanze, infatti, questa esigenza si manifesta per tutelare al meglio parte del proprio patrimonio da possibili richieste di un terzo soggetto. Basti pensare, ad esempio, alle separazioni coniugali. Alcuni soggetti, quando il rapporto di coppia sembra ormai prossimo alla sua naturale conclusione, preferiscono scegliere vie alternative al fine di non veder intaccate una parte delle proprie disponibilità dalle richieste dell’ex coniuge.
Anche l’ambito successorio, allo scopo di non fornire informazioni agli eredi su una parte dei propri beni, è una sfera particolarmente delicata, che spinge molti soggetti a valutare queste soluzioni. Di esempi, ad onor del vero, se ne potrebbero fare a bizzeffe, date le molteplici situazioni, spesso di carattere familiare o strettamente personale, che spingono un individuo a cercare di tenere nascoste le proprie disponibilità finanziarie.
Banca estera e cassetta di sicurezza
Un classico metodo è quello di trasferire le proprie disponibilità in una banca estera, soluzione – a differenza di quanti molti tendono a pensare – perfettamente legale, che consente di non far emergere ad eventuali terzi soggetti una parte dei propri risparmi. Esse, infatti, non sono obbligate a rispettare pedissequamente le normative italiane e rispondono direttamente alle norme in vigore nel loro paese.
Le banche estere (qui trovi l’elenco completo delle banche straniere operanti in Italia e che sono considerate le più affidabili) possono non rispettare le regole che riguardano la tracciabilità, controlli e trasparenza. Non sono obbligate, di conseguenza, ad inviare automaticamente alcun tipo di informazione alla nostra Anagrafe Tributaria, se non in casi molto particolari, come – a titolo esemplificativo – flussi finanziari riconducibili ad organizzazioni criminali.
In ogni caso, tuttavia, queste richieste devono essere esplicitamente inoltrate del fisco italiano e trovare l’approvazione del paese della banca estera. Se non si vuole trasferire all’estero una parte delle proprie disponibilità, esiste un’altra soluzione per poter celare le proprie disponibilità economiche. Un’opzione, oltretutto, che viene adottata da svariati anni da una fetta considerevole di cittadini italiani.
Stiamo parlando, per quanto ovvio, della cassetta di sicurezza bancaria. Nessuno, ad eccezione delle persone che vi possono accedere, può essere a conoscenze dell’esatto contenuto della stessa. Neppure, per quanto ovvio, il Fisco, che dovrebbe inoltrare una specifica richiesta alla banca, con motivazioni serie e circostanziate, per effettuare un eventuale controllo.